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La Repubblica Democratica del Congo: una realtà apolide.

La Repubblica Democratica del Congo: una realtà apolide.

UNA TERRA RACCHIUSA NELLE MANI ARMATE DEI GRUPPI TERRORISTICI.

Il Congo, o per meglio dire la Repubblica Democratica del Congo (RDC) è uno Stato situato nel pieno centro del grande continente africano che dal XV secolo, è stato territorio di innumerevoli invasioni e scontri che portarono la zona ad essere protagonista

di violenze e tragedie in una crescita continua; vediamone gli attori.

L'Allied Democratic Forces (ADF) è una formazione ribelle guidata da Jamil Mukulu (ex cattolico convertito all'Islam) dal pensiero ideologico vicino a quello del movimento sunnita Tablighi Jamaat, legato all'Isis. Nello specifico, è definito come una società che ha lo scopo di diffondere la fede, mirando a riavviare il credo musulmano attraverso riti, comportamenti personali ed abbigliamento. Il gruppo si è unito successivamente al National Army for the Liberation of Uganda (NALU), oppositori del Governo Centrale. Dal 1996 iniziarono una serie di attacchi da parte dell'esercito ai villaggi, con saccheggi, incendi e massacri verso la gran parte della popolazione, distruzione di case e strutture sanitarie, passando per l'Uganda fino a raggiungere il territorio del Congo. In particolare, la zona orientale della RDC, Nord e Sud Kivu e Ituri -facente parte delle 26 province con capoluogo la città di Goma e capitale la città di Bunia (provincia di Ituri a nord)- è stata protagonista di numerosi attacchi da parte di vari gruppi, registrando il maggior numero di morti civili. Lo storico gruppo armato dei Mai-Mai, milizia popolare formata da anziani della tribù e capi del villaggio- nata per contrastare e resistere alle invasioni dei gruppi terroristici- segnalò che gli attacchi ai civili legati alle ADF, aumentarono di dieci volte nel periodo tra il 2017 ed il 2018 e le vittime costituirono la metà dei decessi totali (228 morti). Negli anni successivi, le aggressioni non terminarono, opprimendo violentemente le terre congolesi; soprattutto quando, nel 2020, ci fu un primo tentativo di ribellione da parte della popolazione. Il gruppo armato uccise più di 850 ribelli civili nei territori di Irumu e Mombasa (provincia di Ituri). Seguirono ulteriori attacchi nella stessa zona -in particolare lungo la strada che collega Komanda, Mombasa e Luna- raggiungendo la parte di Tshabi e Boga, al confine con l'Uganda. In agosto le vittime sono state 111 tra cui 12 donne, 12 bambini e una ventina di feriti. L'ultimo avvenimento significativo, riguarda la strage di Maboya avvenuta nella notte tra il 19 e il 20 ottobre 2022 quando, dei ribelli appartenenti al gruppo terroristico ADF, sono entrati nel villaggio iniziando a saccheggiare e a violare fisicamente le persone. Seguirono incendi di piccole farmacie e strutture sanitarie, in particolare quella appartenente all’Ufficio diocesano delle opere sanitarie (BDOM) e diretta dalle Piccole Sorelle della Presentazione di Maria al Tempio (PSP), una congregazione diocesana. Uccisero medici, infermieri ed una suora, buttata tra le fiamme dell'incendio. La strage ricorda l'episodio avvenuto nel 2014 dove, una quindicina di persone furono uccise a colpi di machete nella località di Kampi ya Chui, in Nord Kivu. Gli sfollati dei villaggi provenienti dagli scontri sono 184.420 e i rifugiati, 42.723. Numeri che chiedono un punto. Un flusso di persone disperate alla ricerca di un ambiente vivibile, di un tetto e di un basico sostentamento. Si tratta di una vera e propria crisi umanitaria con 27 milioni di persone che necessitano sicurezza ed assistenza. 

L'ORIGINE DELLA VIOLENZA, ESISTE?

La guerra in Congo è strettamente collegata al genocidio in Ruanda dove in tre mesi, a partire dall'aprile del 1994, le milizie paramilitari ruandesi dell'Interahamwe massacrarono più di ottocentomila persone fra Tutsi e Hutu. L'intervento e la conquista del paese da parte del Rwandan Patriotic Front (RPF), un partito politico ruandese guidato dall'attuale presidente Kagame, posero fine al massacro. Ciò causò la fuga di più di un milione di Hutu diretti in Congo per paura di subire una vendetta da parte dell' RPF. Le Organizzazione non governative (ONG) si organizzarono per accogliere i rifugiati Hutu in enormi campi profughi nel Nord e Sud Kivu, a ridosso del confine con il Ruanda. Proprio all'interno di questi campi, le milizie genocidarie presero la palla al balzo e -approfittando dell'enorme flusso di aiuti umanitari dispensati dalle organizzazioni internazionali- iniziarono a lanciare attacchi all'interno del Ruanda. Il presidente Kagame chiese all'ONU di chiudere i campi profughi, ma le sue parole non vennere accolte, per cui, si indirizzò per la soluzione militare: nel novembre del 1996 l'esercito ruandese penetrò in Congo con l'obiettivo di riportare in patria i profughi Hutu. I campi profughi vennero accerchiati e bombardati provocando il rientro in massa di circa mezzo milione di persone verso il Ruanda, mentre altre centinaia di migliaia di profughi fuggirono verso ovest, nella fitta foresta congolese. Molti stati africani iniziarono a intromettersi nelle vicende del Congo e la guerra assunse così una dimensione continentale. I continui interventi da parte del Ruanda rappresentarono uno dei fattori principali di destabilizzazione; ne è un esempio la ribellione di Laurent Nkunda, Il leader dei ribelli tutsi congolesi che spezzò l'accordo di pace stipulato a gennaio con il Governo Centrale. Egli prese l'offensiva contro il governo, scatenando combattimenti che misero in fuga più di 300.000 cittadini congolesi. Inoltre, il paese è da sempre indicato come uno "scandalo" geologico; questo perchè detiene il 33% dei giacimenti mondiali di cobalto, il 10% delle riserve mondiali di rame, un terzo delle riserve di diamanti, estesi giacimenti di uranio, zinco, manganese e tre quarti delle risorse mondiali di coltan (colombo-tantalite) necessari per la fabbricazione dei computer, dei telefoni e di altri strumenti elettronici. Infine, nuovi giacimenti di petrolio sono stati scoperti nell’area protetta del parco nazionale del Virunga, una zona che si estende lungo il confine di tre stati della regione dei Grandi Laghi Africani (Congo, Rwanda e Uganda). Per non parlare degli altopiani situati nel confine tra Uganda e Rwanda (chiamata Valle del Rift), considerati come uno dei più grandi contenitori minerari dell’intero pianeta.

LE TIMOROSE REAZIONI DEL GOVERNO.

Davanti a tanta bruttura, pare che qualcuno abbia reagito: alcuni gruppi Mai-Mai e le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) cercarono di arruolare nuovi membri per combattere i gruppi terroristici. Nella parte orientale del paese, l'esercito ugandese cominciò una serie di attacchi contro il gruppo ADF congiunti alle Forze di Difesa ugandesi affermando che tali operazioni avevano il mero scopo di attaccare i campi delle Forze Democratiche Alleate.  Ne siamo così sicuri? Le strategie militari sono concepite come un impiego delle forze -a livello tattico e strategico- durante un conflitto. Nel tempo, le stesse, hanno avuto una loro evoluzione ed una tendenza a riproporsi periodicamente. La situazione politica del Congo è sempre stata caratterizzata da instabilità e confusione; nel disordine sociale -caratterizzato da innumerevoli conflitti- si crearono silenziose collaborazioni tra i comandanti dell'esercito congolese ed alcuni gruppi terroristici presenti nel paese; in particolare con il Movimento del 23 marzo (M23), gruppo armato che prese il controllo di alcuni centri nevralgici dell'est del paese. Il loro nome deriva dagli accordi siglati tra i ribelli del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (Cndp) e l'Esecutivo congolese del 23 marzo 2009. Tre anni dopo, scatenarono l'ultima guerra su ampia scala nelle regioni orientali del paese fino a raggiungere Goma (capitale del Nord Kivu) irrompendo violentemente nel villaggio con distruzioni di case, massacri di civili e stupri. Nei mesi di settembre e ottobre, generali e colonnelli facenti parte dell'esercito del RDCongo, vennero convocati al tribunale militare e, successivamente, alcuni vennero arrestati accusandoli di essere responsabili della caduta della cittadina del M23. Secondo il tribunale, gli imputati erano al comando delle operazioni militari quando, lo scorso luglio, la città di Bungama cadde nelle mani del M23.

L'EVASIONE COME UNICA SOLUZIONE.

Attraverso questa breve analisi, si possono delineare alcuni aspetti che permettono di individuare le cause-effetto del processo socio-politico ed economico del Congo: i fattori religiosi portati all'esasperazione, l'incapacità da parte del governo di gestire le grandi risorse minerarie e petroliferi di cui il territorio dispone, diventando motivo appetibile e di grande interesse per i paesi stranieri i quali hanno preso d'assalto il paese con prepotenza. Inoltre, un altro aspetto da evidenziare, consiste nell'assunzione di atteggiamenti -da parte del Congo- di cooperazione, collaborazione ed accoglienza consapevole nei confronti dei paesi confinanti (come appunto il Ruanda) che spesso, invece di produrre uno stratagemma costruttivo ed un motivo di approvazione e rispetto da parte degli altri stati, si è trasformato in un pretesto per dilagare assurde violenze verso i civili. Si deduce, quindi, che il paese non ha mai avuto l'opportunità di vivere e trasformare in realtà la propria indipendenza. E' palpabile la necessità di assumersi la responsabilità nell'identificare una rapida soluzione che ponga fine alle atrocità. Il Congo a chi appartiene? Agli invasori, ai capi politici e militari, ai grandi potenti dell'economia mondiale, alle faide religiose... e ai congolesi? Non resta che la fuga.     

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